Tratto da: “Vincere le ossessioni. Capire e affrontare il Disturbo Ossessivo-Compulsivo”
di Gabriele Melli – Centro Studi Erickson Editore, Trento
Non di rado, nel linguaggio comune, il termine “ossessione” viene usato a sproposito. È importante, quindi, chiarire la differenza fra il significato colloquiale del termine e quello clinico.
Prima di tutto, è assolutamente normale avere delle preoccupazioni che ci obbligano a fare determinate cose. È bene, quindi, distinguere i normali rituali quotidiani dal vero e proprio DOC. Non esiste persona a cui non capiti, più o meno spesso, di tornare a controllare di aver chiuso bene la porta di casa o i finestrini dell’auto, di aver messo tutto nella valigia, di aver tirato lo sciacquone, di aver spento le luci o di aver chiuso il rubinetto del gas. Allo stesso modo accade di pulire le posate in un ristorante, di evitare un bagno pubblico, perché ritenuto troppo sporco, di lavarsi le mani dopo aver toccato dei soldi o dopo esser saliti su un autobus. Talvolta ci capita anche di avere pensieri omosessuali, di pensare di poter far del male a qualcuno, di crearci fantasie sessuali perverse. Non c’è nessuno, inoltre, che non abbia qualche superstizione riguardo a certi elementi “porta sfortuna”, dal più comune gatto nero, fino a complicati e personali numeri, colori, animali o oggetti.
Gli esempi potrebbero essere infiniti, ma questi sono sufficienti per dimostrare come non tutti soffriamo di un disturbo ossessivo-compulsivo, esattamente come non tutti siamo depressi, pur avendo momentanei periodi di tristezza e apatia.
Un vero e proprio disturbo, che necessita di essere curato, si ha soltanto se queste “fissazioni” creano un consistente disagio e interferiscono con la qualità della vita quotidiana.
Frequentemente il DOC viene confuso con un altro grave disturbo psicologico: il “disturbo ossessivo compulsivo di personalità” (DOCP).
Nonostante il nome sia simile e alcuni sintomi siano sovrapponibili, coloro che soffrono di tale disturbo di personalità sono caratterizzati da tratti caratteriali ben precisi. Sono infatti molto perfezionisti e aspirano ad alti standard di prestazione, che si traducono in un’attenzione minuziosa per le regole, i dettagli, le procedure, le liste, i programmi o la forma delle frasi, tanto che possono impegnarsi in ogni dettaglio di un progetto al punto di non portarlo mai a compimento. Generalmente hanno un eccessivo attaccamento al lavoro e alla produttività e tendono a trascurare le attività ludiche e le amicizie. Sono spesso molto coscienziosi, scrupolosi e inflessibili a proposito di moralità, etica o valori. Si impongono, ed impongono agli altri, principi morali rigidi e standard di prestazione molto rigorosi. Sono rigidi e testardi e possono anche essere impietosamente autocritici nei confronti dei propri errori. Talvolta sono incapaci di gettare oggetti usati o inutili, anche quando non hanno valore sentimentale. In genere sono riluttanti a delegare compiti o a lavorare con altri ed insistono in modo testardo e irragionevole perché ogni cosa venga fatta a modo loro e perché le persone si conformino al loro modo di agire, dando istruzioni molto dettagliate su come dovrebbero essere fatte le cose. Tendono ad essere avari e taccagni ed a mantenere un tenore di vita inferiore rispetto alla loro reale condizione economica, per essere certi di poter provvedere in caso di catastrofi future.
Si tratta quindi di un disturbo che si può riscontrare in quelle persone eccessivamente precise, affidabili, puntuali, pignole ed ordinate che, anche nel linguaggio comune, vengono definite “ossessive”.
Le persone che soffrono di un disturbo ossessivo-compulsivo di personalità presentano spesso, ma non sempre, sintomi del DOC, in particolare relativi al controllo, all’accumulo o all’accaparramento, all’ordine e alla simmetria.
Anche i cosiddetti “disturbi del controllo degli impulsi”, quali il gioco d’azzardo patologico, la bulimia nervosa (caratterizzata da abbuffate e vomito compulsivo), la cleptomania (impulso al furto di oggetti di scarsa utilità e valore), la tricotillomania (compulsione a strapparsi peli e capelli), l’abuso di farmaci (soprattutto ansiolitici), alcol o droghe, possono essere confusi con il DOC, per il fatto di essere caratterizzati da un comportamento ripetitivo dannoso per se stessi, ma che non si riesce ad evitare.
Pur rientrando in un comune spettro patologico, i disturbi del controllo degli impulsi si differenziano dal DOC almeno per due motivi:
1) Il comportamento in questione non nasce come uno “scacciapensieri”, a differenza delle compulsioni. Non vi è, in sostanza, nessun pensiero intrusivo indesiderato che spaventa.
2) La persona non attua il comportamento per scongiurare un pericolo, per quanto immaginario, ma soltanto per alleviare un senso di tensione generale o addirittura, almeno inizialmente, per ricercare piacere ed euforia. Il soggetto resta intrappolato in un meccanismo irrefrenabile di dipendenza dal comportamento, ma non teme che il non attuarlo farebbe accadere qualcosa di brutto. Semplicemente non è più in grado di star “bene”, se non asseconda il suo impulso.
Un discorso a parte meritano le cosiddette “convinzioni deliranti” o deliri.
La capacità di critica razionale rispetto alle proprie idee ed il riconoscimento del fatto che le proprie ossessioni e compulsioni sono eccessive e irragionevoli è un criterio fondamentale che caratterizza il disturbo ossessivo-compulsivo. Chi soffre di DOC, nella maggior parte dei casi, si rende conto che i suoi comportamenti non hanno senso e spesso, proprio per questo, se ne vergogna.
A volte, però, le idee ossessive assumono proporzioni deliranti e la persona, per la maggior parte del tempo, ritiene che le sue paure siano proporzionate e condivisibili dagli altri e che i suoi comportamenti siano perfettamente sensati e funzionali, anche se è infastidita dal fatto che le portano via troppo tempo e non le consentono di condurre una vita normale.
Chiaramente, in questo caso, viene a mancare nella persona l’intenzione di liberarsi dai suoi rituali, perché non li ritiene una fastidiosa ed inutile palla al piede, di cui è rimasto involontariamente schiavo, ma dei sensati comportamenti finalizzati ad evitare di correre dei grossi ed intollerabili rischi. Chiedere a queste persone di seguire un programma di psicoterapia, senza prima intervenire farmacologicamente sulla solidità delle convinzioni, sarebbe come chiedere a qualcuno di attraversare continuamente la strada ad occhi chiusi e con le orecchie tappate.
Spesso il DOC viene confuso anche con l’ “ipocondria”. Le persone che soffrono di questo disturbo, basandosi sulla errata interpretazione di uno o più segni o sintomi fisici, hanno la preoccupazione o la convinzione di avere una grave malattia. Il disturbo non si limita all’idea ossessiva che genera spavento, ma si rilevano sempre comportamenti di evitamento nei confronti delle situazioni che innescano tale paura (programmi televisivi, conversazioni sul tema, ecc.) e comportamenti ripetitivi di richiesta di rassicurazione e di controllo (visite mediche, analisi cliniche, ecc.), che tranquillizzano soltanto momentaneamente, alimentando una spirale infinita. L’unica sostanziale differenza è che l’ipocondriaco è convinto o teme di avere già una malattia, mentre l’ossessivo è continuamente preoccupato di poterla contrarre.
Indubbiamente, l’ipocondria è molto simile ad un disturbo ossessivo-compulsivo, tanto che sia le tecniche di intervento cognitivo-comportamentali che quelle farmacologiche sono molto simili, ma i due quadri clinici devono essere chiaramente differenziati.
Un ultimo cenno deve essere fatto alla “depressione”, diffusissimo disturbo caratterizzato da umore triste quasi costante, mutamenti del sonno e dell’appetito, affaticabilità, apatia e mancanza di energie, disistima e sensi di colpa, diminuzione dell’interesse e del piacere per quasi tutte le attività.
Spesso le persone depresse hanno pensieri intrusivi negativi riguardo ad errori compiuti nel passato, alla propria inutilità, al proprio senso di fallimento, a persone decedute o ad ex partner che li hanno abbandonati. Questo rimuginare in maniera ossessiva è diretta conseguenza del calo dell’umore e non è assolutamente diagnosticabile come disturbo ossessivo-compulsivo.
D’altra parte, è vero che quasi tutte le persone affette da DOC tendono, col tempo, a deprimersi, perché le limitazioni di vita che il disturbo impone ed il senso di fallimento nel contrastare le ossessioni sono tali da provocare un calo dell’umore anche nella persona più solare. In questi casi, ovvero quando il disturbo dell’umore è secondario al DOC e non esisteva prima, esso tende a scomparire non appena i sintomi ossessivo-compulsivi migliorano.
Sempre nell’ambito dei disturbi dell’umore, anche il “disturbo bipolare” può associarsi al DOC, ma la marcata instabilità del tono dell’umore, caratteristica principale di questo disturbo, è in genere il sintomo prevalente e non ci sono difficoltà nel porre la diagnosi corretta, anche ove il paziente mostri sintomi ossessivi in concomitanza con alcune fasi del disturbo.